C’è un errore che porterà a perdere il 30% della pensione nel momento in cui si lascerà il lavoro. Meglio esserne consapevoli per compiere la scelta migliore.
I lavoratori possono vivere il momento del pensionamento con gioia oppure con profondo timore per il futuro. Questa seconda opzione è sempre più frequente e crea forti disagio tra gli italiani che sbagliano la scelta del momento in cui lasciare il mondo del lavoro.
La pensione è un traguardo ambito perché rappresenta il momento in cui si potrà finalmente godere del meritato riposo. Niente più sveglia al mattino, nessuna improrogabile scadenza, niente preoccupazioni su come rapportarsi con colleghi e capo. In pensione ci si potrà dedicare alle proprie passioni e viaggiare alla scoperta di nuovi orizzonti. Tutto molto bello ma affinché ciò possa realmente accadere bisognerà avere un assegno pensionistico che permetta di vivere una vita dignitosa.
Il problema è che l’importo della pensione spesso è insufficiente per far vivere il momento del pensionamento con gioia e tranquillità e lo sarà sempre più. Il divario tra stipendio e pensione sarà sempre più ampio a causa del sistema di calcolo contributivo, dei lavori precari e delle carriere discontinue o iniziate tardi. In alcuni casi, poi, il rischio è di perdere fino al 30% della pensione, una cifra decisamente importante.
In Italia il sistema previdenziale italiano prevede diversi scivoli di pensionamento anticipato. Consentono di andare in pensione prima del compimento dei 67 anni (pensione di vecchiaia) ma richiedono specifici requisiti contributivi e/o anagrafici da rispettare più altre condizioni aggiuntive. In generale chi lascia prima il mondo del lavoro avrà una pensione più bassa rispetto a quella che avrebbe attendendo la pensione di vecchiaia perché accumulerà meno contributi e perché il coefficiente di trasformazione applicato nel calcolo della pensione contributiva sarà meno conveniente tenendo conto dell’età di pensionamento.
E proprio questo sistema di calcolo contributivo può portare alcuni lavoratori a perdere il 30% della pensione. In realtà parliamo di lavoratrici che scelgono il pensionamento con Opzione Donna. Questa misura consente di lasciare il mondo del lavoro al compimento dei 61 anni di età se non si hanno figli, 60 anni con un figlio e 59 anni con due o più figli avendo maturato 35 anni di contributi. Lo scivolo, però, prevede che la lavoratrice accetti il sistema di calcolo contributivo pur avendo iniziato a maturare contributi prima del 1° gennaio 1996.
Significa rinunciare al calcolo misto o retributivo (più vantaggiosi) in favore del conteggio che tiene conto del montante contributivo e del coefficiente di trasformazione. Questo significa per le donne che hanno iniziato a lavorare molti anni prima del 1996 perdere anche il 30% dell’importo sulla pensione (se non di più con una carriera di 30 anni precedente alla suddetta data). Chi, invece, ha pochissimi anni lavorati al 31 dicembre 1995 rischia una perdita di circa il 10%. Questa informazione, dunque, deve permettere alle lavoratrici invalide al 74%, caregiver da almeno sei mesi e disoccupate/impiegate in un’azienda in stato di crisi (uniche categorie ammesse ad Opzione Donna) di fare una scelta consapevole in relazione al loro pensionamento.
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